Li chiamarono briganti

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Le montagne e i paesi dell'Appennino centro meridionale sono state oggetto fino a ieri di vicende tristi e infuocate della storia italiana, tra queste il “brigantaggio post-unitario”, pagine di cronaca che gli uomini hanno seppellito ma il tempo inesorabile non riesce a cancellare. Un arco di tempo dal 1860 al 1870, in cui andò in scena la tragedia che regalerà al cosiddetto Risorgimento italiano una delle pagine più amare e sanguinose della sua storia. Giovani senza futuro, braccianti, boscaioli, pastori, il ceto più umile delle popolazioni del Sud, s’illusero fosse arrivato il momento del riscatto da una vita grama e disgraziata, la rivincita contro i torti e le angherie subite ad opera dei “galantuomini”, borghesi e notabili, che spartivano e regolavano la vita sociale ed economica dei paesi del meridione d’Italia. Il fenomeno che infiammò per ben dieci anni le terre a sud dello Stato Pontificio, fu bollato come mera attività di bande criminali e repressa con efferrata violenza e ferocia da uno neonato Stato, estraneo e non gradito. Passò alla storia come brigantaggio, ma fu e resterà ancora per molti decenni lotta di classe. L’illusione breve di un’avventura amara che coinvolse tutti: uomini, donne, bambini di ogni età e ceto sociale; una vicenda lunga e terribile conclusasi drammaticamente.