A EROS
di Piero Favero
Invoco il primo e più bello degli dei immortali,
coevo di Gaia, la Terra, più antico del mondo,
arciere possente, alato, fiammante, impetuoso,
che gioca con gli Dei e con gli uomini mortali.
La Notte dalle ali nere silenziosa e invincibile,
unica tra le Dee a ricevere il rispetto di Zeus,
fu amata dal Vento ai primordi del Chaos
e depose l’uovo d’argento nel grembo oscuro;
Eros nacque da quell’uovo, col nome lucente,
e mise in moto l’universo ruggendo da leone,
belando da ariete, muggendo come un toro,
e sibilando da serpente nel cuore degli esseri.
Inviti suadenti e parole dal profumo sensuale,
cibo afrodisiaco, immagini erotiche e colorate,
brividi sulla pelle per una carezza invadente…
non perdonano le frecce d’argento di Cupido;
colpiscono re e schiavi, matrone e sacerdoti,
non si curano del momento opportuno o no,
sempre imprevedibili, dispettose, divertite sì:
capriccioso, nudo e bendato è il dio d’amore.
Bramosia di sesso, passione folle e insanabile,
anima e spirito confusi a dimenticare il corpo;
così perdutamente soggiogati all’innamorarsi
non c’è più distinzione tra carne e sentimento.
Favola dell’anima e dell’eros, Amore e Psiche:
principessa stupenda fra due sorelle invidiose
Psiche era d’una beltà irresistibile agli uomini,
al punto che trascuravano il tempio di Venere.
Offesa, la dea inviò Cupido per fare vendetta
affinché Psiche s’innamorasse del più brutto,
più povero, disgraziato e ultimo degli uomini,
ma quando la vide il dio stesso s’innamorò…
Il vento Zefiro mollemente le sollevò le vesti
e l’amante invisibile la possedeva nella notte;
di Eros conobbe solo la calda voce suadente,
baci lunghi e lascivi, il vibrare d’ali palpitanti.
Le fu vietato di vedere il volto sacro del Dio
se avesse voluto da Eros un figlio immortale,
ma, vittima del cattivo consiglio delle sorelle,
cedette alla curiosità d’accendere la lampada.
Non un drago dal collo gonfio di viscide spire,
bensì la più dolce e più mite di tutte le fiere,
la chioma di riccioli biondi stillanti l’ambrosia,
il candido collo e un bel corpo liscio e lucente.
Poi le alchemiche prove per riparare il danno:
separare il miglio dal gran mucchio di Venere,
con l’aquila volare in cima fino alla sorgente,
cogliere una goccia d’acqua sacra e terribile;
frenare il desiderio di lanciarsi giù dalla rupe,
trovare la lana d’oro appesa all’intrico dei rami
e farne la culla per un figlio libero dalla carne;
discendere agl’inferi per svegliarvi dal sonno!
Chi dice Eros non nato, senza padre né madre;
Omero lo vuole figlio di Ilizia, la dea del parto,
più antica della generazione degli Dei Olimpici,
Eiléithyia, la stessa Reitia che i Veneti adorano.
Le frecce d’Eros mutarono in sfrenata lussuria
la rabbia dei Giganti che si rivoltavano a Zeus,
diedero in omaggio a Paride l’amore di Elena
e accesero in Medea desiderio dell’Argonauta.
Come gli altri Dei, Eros non conobbe Tanatos,
i suoi dardi bersagliarono i secoli e continenti,
irrise tanti messia, profeti d’odio e menzogne,
sordo ai predicatori dei crimini contro l’Uomo.
C’è ancora bisogno d’un sorriso mite e dolce,
di chi si prenda cura dei sospiri degli amanti,
su candide ali ora e sempre libere dalle catene,
Eros, il primo e più bello degli Dei immortali.